una mia intervista su FdS – Fotografi di strada

Sono grato a FdS – Fotografi di Strada, che raccoglie molti portatori di una visione in cui mi ritrovo, perché dopo avere incluso alcune mie immagini nel suo primo photocall “Il mondo capovolto” ha deciso di dedicarmi una intervista sul sito, che vi invito a navigare per intero.

“Siamo cacciatori-raccoglitori di immagini…”

Di seguito il testo dell’intervista [con un ringraziamento a David Wilson e Christian Grappiolo].

Ciao Lucio. Tanto per cominciare ci devi una birra: non puoi caricare tutte quelle foto, ci abbiamo messo una mezza mattina solo a guardarle tutte. Comunque, a parte questo, dicci qualcosa di te. Dove vivi, cosa fai, quello che ti pare.
 
Sono nato nella sonnolenta Alessandria e vivo a Torino da più di vent’anni. Impiegato immerso nei dati di giorno, “di notte” do’ sfogo ai miei vari interessi e da anni al primo posto c’è la fotografia.

Qual è stato il tuo percorso fotografico? quando hai iniziato e come?
 
Un lungo e lento avvicinamento. Mio padre ereditò dal suo l’interesse per la fotografia e io da ragazzino avevo più che altro una fascinazione per gli attrezzi del mestiere: maneggiavo la Rollei del nonno e la reflex a pellicola di casa basandomi solo sul libretto di istruzioni Nikon, la mia prima bibbia in materia.
Anni dopo ho fatto un po’ di camera oscura e mi divertivo un sacco, ma non uscivo dal mondo dei circoli di fotoamatori di provincia che frequentavo. Un mondo che, anche se fissato con la regola dei terzi e i controluce di barche al tramonto, era pieno di personaggi davvero fantastici.
 Col digitale dilagante ho preso una compattina tascabile e ho scoperto – con sgomento dei miei amici – che mi piaceva documentare tutto della mia allora piuttosto intensa vita sociale, infine nel 2005 la vera svolta con la prima reflex digitale, la voglia di farci qualcosa e l’ingresso in Flickr. Su quel sito ho iniziato a guardare ogni santo giorno centinaia di foto costruendomi un vocabolario visuale istintivo e ho ricevuto molti stimoli per scoprire autori, siti, libri e appuntamenti.
Tra il 2006 e il 2010, prima di Facebook, Flickr era vitalissimo e lì – oltre a incontrare mia moglie – ho costruito una rete di conoscenze che da’ frutti ancora oggi. Parlo ad esempio del gruppo Fotografi di Strada, di quello torinese Diecicento e di altri forum di appassionati che attraverso il monitor mi hanno insegnato molto, ma anche di amici con cui ho bevuto birre e parlato di fotografia a Roma, Milano, Tel Aviv e Londra. Alcuni di questi sono diventati professionisti o autori apprezzati partendo o almeno passando da quelle schermate e da quel network.
 
 Ci ha colpito molto il fatto che tu mantenga spesso una certa distanza dai soggetti, spesso le tue immagini sembrano dei diorami. Altre volte vediamo gente fotografata di spalle. Escludiamo che tu abbia paura del confronto, perché non manca quel tipo di approccio frontale, e anche se è minoritario rispetto al resto comunque c’è. Quindi? Non ti piacciono le facce?
 
Le facce mi piacciono tantissimo e molti dei miei fotografi preferiti sono grandi produttori di magnifiche facce, ma mentre la street photography è un approccio che mi diverte e mi piace che mi porti a sfidare la mia timidezza, quello che invece mi fa di solito accendere il cervello e mi “costringe” a scattare sono i luoghi, a volte in rapporto alle persone a volte no.
Ho studiato architettura e saltuariamente lavoro come fotografo di architettura: probabilmente questa mia inclinazione spiega in parte la cosa anche se non è sempre la documentazione spaziale che mi interessa, più spesso è solo un’atmosfera, una corrispondenza che mi chiama in quello che vedo. E’ come dar voce alle cose e ai posti.
 
Un’altra cosa che ci intriga è che sebbene sia evidente che viaggi molto e molto distante, la tua visione sembra emergere sia quando sei a casa tua, sia quando appunto giri per il mondo. Riesci a trovare gli stessi stimoli anche nei fatidici 500 metri?
 
La chiave probabilmente è nel vagare da situazionista lasciando libero lo sguardo. Scatto spesso dal balcone di casa o lungo il tragitto per il lavoro. Mi piacerebbe provare a starmene confinato a fotografare per settimane nei miei 500 metri, perché prima o poi le cose arrivano sempre, e mi affascina l’idea di avere tutto quel che si può dire a portata di mano, ma nello stesso tempo viaggiare mi piace e mi vien facile pescare immagini mentre vago da “turista” in posti meno noti.
 
E cos’è quindi che attira maggiormente la tua attenzione? Cerchi qualcosa, preferisci essere cercato, o entrambe le cose?
 
Cerco il dettaglio che mi offre uno squarcio nella facciata del reale che mi circonda. L’impulso arriva in due casi: quando vedo qualcosa che mi risuona e devo coglierlo al volo oppure quando, arrivando in un luogo, l’immagine mi si forma in testa e allora devo costruirla cercando la posizione giusta, aspettando che passi la persona adatta e cose del genere. Credo che sia come ricevere una chiamata dalla scena attorno a me: quando capita cerco di raccoglierla facendo una foto, e quando non ho con me l’apparecchio mi mangio le mani perché faccio una gran fatica a scattare con il cellulare.
 
Torniamo alla tua esuberanza: sul tuo sito il materiale è organizzato in modo piuttosto rigoroso, mentre altrove sembri più libero e disinvolto. Aldilà di quello che è il singolo lavoro, ritieni che ci possa essere anche una via per creare qualcosa dalla somma di tutto il resto? Qualcosa che ponga le sue basi più che su una tipologia, su una visione delle cose nell’insieme e una tua visione personale del mondo?
 
In realtà io amo la sintesi, e sul sito ho cercato di isolare i filoni delle immagini che scatto facendo selezioni brevi che siano comprensibili a un osservatore, mentre continuo a usare Flickr come deposito di tutto quel che produco per la comodità di avere un archivio online sempre disponibile e per abitudine. Lì si trova un po’ di tutto, per questo ora ci sono più di 4000 foto.
 
La domanda mi interessa moltissimo perché tocca un mio pensiero ricorrente e cioè che tutte le immagini che produco dovrebbero idealmente potersi condensare in poche o addirittura una sola (la foto definitiva!), o in alternativa essere assemblate in un unico discorso (un filmato o chissà cosa).
L’idea è che i temi, le serie di immagini (stanze e palazzi, città, turisti, oggetti, persone…) siano tutti riconducibili a una sola urgenza, a un desiderio ossessivo di descrivere un pezzo alla volta il mondo, o se stessi. Del resto mi piace tanto Georges Perec con le sue liste di oggetti.

Questa poteva essere la prima domanda, ma preferiamo chiudere così: cosa rappresenta per te la fotografia e cosa ti piacerebbe chiederle in futuro?

Ah questa è difficile… Il mio rapporto con la fotografia cambia nel tempo. Da ragazzino (la reflex di papà) era curiosità, poi (la compattina digitale sempre con me) socialità e memoria – dato che la mia memoria è molto scarsa, poi (la prima reflex digitale e Flickr) ricerca espressiva e scoperta di compagni di viaggio.
Oggi soprattutto è qualcosa che mi mette a mio agio mentre vado in giro e soddisfa due bisogni: quello istantaneo di fissare quello che provo quando ne sento la necessità e quello catalogatore, quando dopo settimane guardo le foto sul pc e decido quali “sviluppare”.
In futuro vorrei avere le idee così chiare da scattare pochissime immagini tutte indispensabili e tutte mirate allo stesso scopo che probabilmente è svelare il senso della vita. Ma magari anche dei soldi.

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